NOTE SUL MALATO IMMAGINARIO

 

Una Compagnia di Comici dell'Arte, verso la fine di febbraio del 1673, recita "Il Malato Immaginario" nel Teatro San Bartolommeo di Napoli. In questa Compagnia, il cui capocomico è il napoletano Fiorante Cardillo, vi sono artisti di varie regioni italiane. Il sipario si alza e vediamo i comici comprensibilmente tesi perché di lì a poco dovranno recitare alla presenza del viceré spagnolo Antonio Pedro Alvarez de Toledo, che ha assicurato di portare con sé un suo amico francese, alto dignitario della corte di Luigi XIV. I comici italiani recitano il testo di Molière con grande bravura e rigore. Alla fine ricevono i complimenti dei due illustri personaggi e la promessa, da parte del dignitario francese, di segnalare questo magnifico esito al re di Francia. Gli artisti si presentano alla ribalta per il ringraziamento al pubblico, ma dalla fila manca il capocomico. Il fratello annuncia al pubblico che il signor Fiorante è morto. È quasi certo che sia morto per la contentezza quando ha appreso che il sogno di andare a recitare a Parigi stava per diventare realtà. Alla riapertura del sipario: "Il sogno di Fiorante". In un'atmosfera irreale in cui si intravede il re di Francia issato su uno smisurato trono, proni ai suoi piedi, Fiorante e i suoi comici, ballano una gavotta in onore del sovrano.

 

Novembre 1999 - Aldo Giuffrè

Maria Della Felba - Roma Giovedì 11 Novembre 1999

NAPOLI. Un'ambientazione tutta partenopea, quella scelta da Aldo Giuffré per la sua edizione de “Il Malato immaginario”, da martedì in scena al teatro Bellini. Ad interpretare il testo del grande commediografo è una compagnia composta da attori di varia provenienza geografica, quale simbolo dell'unicità del messaggio universale teatrale pur nelle sue variegate ed eterogenee forme espressive. La commedia fu scritta da Molière quando, nella competizione tra lui ed il compositore italiano naturalizzato francese Giovanni Battista Lulli, i gusti e i favori del Re Sole stavano chiaramente orientandosi verso il musicista fiorentino.

Nell'ultima opera, rappresentata a Parigi poco prima della sua morte, Molière disegnò con la consueta abilità Argante, un personaggio di grande spessore che coltiva i suoi mali e si fa ambasciatore di Poquelin per lanciare accuse contro la medicina ciarlatanesca. Per un classico si ha sempre l'impressione che non ci sia nulla da inventare; invece l'edizione, diretta da Aldo Giuffré che ne ha curato anche la regia, esplora qualche anfratto nascosto nell'opera di Molière.

 

(g.b.) - La Repubblica Giovedì 11 Novembre 1999

Giuffrè-Cardillo per rendere omaggio al grande teatro di cui egli stesso è protagonista autorevole, sceglie i poveri attori di un tempo. La sua compagnia parla molti dialetti, raccoglie molte ansie, e se quel Molière sempre nominato ha il sapore di un sogno irraggiungibile e lontano, il suo Argante arruffone e protervo è invece ben presente e concreto, con la sua ansia continua e disperata di trovare medicine adatte a sconfiggere mali che non esistono se non nella sua mente. Tra clisteri e pozioni si faceva ridere il pubblico e si irritavano i ricchi esponenti di una classe potente. Aldo Giuffrè ci fa sorridere. E con lui ci fanno sorridere i suoi compagni di avventura in scena.

 

Franco De Ciuceis Il Mattino Sabato 13 Novembre 1999

La trama si colora dei suoi meccanismi comici, ma oltre la superficie c’è lo scambio tra l’arte e la vita. Su quel seggiolone-trono, trecento anni fa si era consumata la vicenda di un uomo sano (il personaggio Argante) che si immaginava malato, e di un uomo malato (Molière, autore e attore) che ostinatamente voleva essere sano per compiere il suo mestiere. Su quel trono Aldo Giuffrè fa morire anche il suo Fiorante Cardillo. Il capocomico non potrà accogliere l'applauso finale. I suoi compagni gli recitano l'orazione funebre e copriranno il volto con l'emblematica maschera dell'arte, mentre sul fondo appare la Maschera per eccellenza, il Pulcinella dolente.

Nelle sue note Giuffrè ricorda Boileau che suggeriva a Molière, minato dal male, di abbandonare la fatica estenuante della scena: «Accontentatevi di comporre e lasciate l’azione teatrale ai vostri compagni, questo vi farà onore agli occhi del pubblico». E Molière rispose: «Ah, Monsieur! Cosa mi dite? Esiste un onore a non lasciare…» E con questo Giuffrè dà conto anche di sé, della propria voce punita dal male, della sua ferma vocazione a continuare. Gli applausi hanno confermato la sua qualità d'attore.

 

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